Develop yourself

Human and Spiritual Development are one thing

Free yourself from all the psychological blocks that limitate your development

I am a Psychotherapist and a spiritual person.

I like to think that my mission in this world is to help people to develop fully and to became who they really are.

With this purpose I offer Psychotherapy and Hypnotherapy in presence (in London) or through Skype.

If you think I can help you please contact me:

concettacasella@gmail.com

The sessions are not too expensive as I aim to help as many people as possible and I also offer group psychotherapy and hypnosis experiences.

Concetta

sabato 1 dicembre 2012

L'Imprinting alla luce della teoria dell'attaccamento

Dobbiamo a Konrad Zacharias Lorenz i primi studi sul fenomeno dell'imprinting nelle oche selvatiche, studi che gli meritarono nel 1973 il Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia.
In molti ricorderanno gli esperimenti i dell'etologo austriaco, raccontati nel famoso libro "L'anello del Re Salomone", che dimostravano la presenza di un periodo molto precoce nel quale il cervello è predisposto ad acquisire l'immagine della figura di riferimento con la quale stabilire un particolare legame (di seguito chiamata Figura di Attaccamento).
Non sono in molti però a conoscere l'importanza che queste scoperte hanno avuto per il genere umano.

Che cos' é l'imprinting nell'uomo, in che periodo entra in azione e che conseguenze ha sulla nostra vita?

Gli studi sugli animali rivelarono innanzi tutto che la Figura di Attaccamento non corrisponde necessariamente alla madre biologica.
Ne è dimostrazione l'eclatante scoperta di Lorenz di come i piccoli di oca potessero legarsi al ricercatore anziché alla propria madre per il semplice fatto di averlo avuto accanto nelle prime 48 ore di vita; e questo fino al punto da disconoscere e spaventarsi della propria madre biologica dalla quale venivano avvicinati successivamente.

Gli esperimenti sulle scimmie condotti da Harlow negli stessi anni dimostravano che nei macachi l'imprinting avveniva nei primi sei mesi di vita.
L'età massima prevista per la definizione di chi sia la Figura di Attaccamento (cioè la persona/animale che dà al piccolo cure continuative e costanti) non a caso corrisponde all'età in cui inizia il comportamento esplorativo. In mancanza di questo legame infatti l'allontanamento dall'adulto che protegge metterebbe a repentaglio l'esistenza stessa del cucciolo.
Negli esseri umani questo periodo corrisponde agli 8-9 mesi di vita all' incirca.

Questo vuol dire che per un bambino la Figura di Attaccamento é quella che lo ha allevato in questi primi mesi e necessariamente non la madre biologica.

Non importa se sia stata una "buona madre" (cioè che sia stata sensibile ovvero capace di comprendere i bisogni del figlio e responsiva ovvero pronta nelle risposte) o che sia stata violenta o maltrattate: qualunque sia la qualità delle cure materne il bambino stabilirà con lei un legame di attaccamento.
Legame che ha delle precise caratteristiche che riassumiamo qui brevemente:
- mantenimento del contatto (ricerca della vicinanza fisica)
- effetto rifugio sicuro (possibilità di sentirsi consolato in presenza della madre)
- ansia da separazione (paura in assenza della madre)
- base sicura (sensazione di sicurezza che viene dal sapere che la madre é pronta ad aiutare in caso di pericolo e che permette l'attività esplorativa).

Da questi studi sull'imprinting potrebbero dunque partire importanti riflessioni e considerazioni di natura giuridico-sociale in particolare per quello che riguarda il campo delle adozioni e dei provvedimenti di allontanamento dei bambini dalla loro famiglia di origine per i motivi più disparati ma anche semplicemente per quello che riguarda l'abitudine (necessità? ) fin troppo diffusa nei paesi ricchi di far allevare i propri figli dalle baby sitter.

Per approfondimenti:
Jhon Bowlby "Attachment and Loose"
Grazia Attili " Attaccamento e Costruzione Evoluzionistica della Mente" Raffaello Cortina Editore, 2007
Harry Harlow "The Nature of Love" 1958

lunedì 11 giugno 2012

Mia moglie è Borderline ovvero come costruire un Sé solido e flessibile nelle relazioni emotivamente impegnate con persone affette da disturbo borderline di personalità e come utilizzare la teoria dell'attaccamento per la comprensione di tale disturbo



Il soggetto con disturbo di personalità borderline (DBP), come sa bene chi ha a che fare con persone che ne sono affette, tra le tante caratteristiche, ha quella di essere ipersensibile alle critiche soprattutto se fatte da persone a cui è legato e di non riuscire a mettere in discussione i propri modi di essere e di fare.

Egli legge nelle critiche la minaccia di abbandono e muta improvvisamente umore, come conseguenza può assumere comportamenti antisociali o autolesivi (allontanarsi dalla persona che ama, avere scoppi di ira, diventare violento, farsi del male).
La minaccia di abbandono può essere reale o solo paventata in seguito alla critica.
Viene meno il confronto con la realtà per cui il soggetto con DBP, invece di interrogarsi e cercare di rimediare agli errori eventualmente commessi e per i quali viene criticato, muta improvvisamente atteggiamento nei confronti della persona amata, si mostra distaccato e critico nei suoi confronti, tattica che sembra voler dire che "se la persona che mi critica si sbaglia io non posso venir rifiutato per i miei difetti perchè non ne ho".

Questo atteggiamento, che spesso diventa una barriera invalicabile per chi gli sta accanto, ha naturalmente l'effetto di allontanare la persona amata che dal canto suo si trova di fronte a una reazione incomprensibile ed eccessiva.
Così il soggetto con DBP provoca proprio quella situazione da cui voleva fuggire (profezia autoavverante) e si ritrova solo.
Se gli si chiede quali sentimenti ha provato nel momento in cui è stato criticato si scopre che ha provato la sensazione di non essere amato e una profonda e pervasiva paura di essere abbandonato che gli hanno fatto attivare dei meccanismi di difesa disfunzionali.

Da dove vengono questi sentimenti?
È evidente che quando si viene criticati non ci si sente a proprio agio, anche quando si ha coscienza di aver sbagliato. Un soggetto che reagisce a una critica in modo normale inizialmente si sente afflitto ma poi ragionando capisce che se la persona che lo ama lo critica non lo fa perchè lo sta rifiutando ma perchè vuole aiutarlo a correggere i suoi difetti, solo se ci si sente amati si può accogliere questa richiesta di cambiamento.

Il soggetto con DPB ha difficoltà a sentirsi amato e spesso questa difficoltà è legata più al vissuto dell'infanzia che a quello presente.
Jhon Bowlby nel descrivere i modelli operativi interni (Internal working model IWM) ha parlato di questa caratteristica che è la azione di filtro che gli IWM operano sulle informazioni che vengono dal mondo, volendo fare un'ipersemplificazione si potrebbe dire che se io ho un IWM che mi determina un attaccamento non sicuro e il mio partner mi dice che mi ama e poi mi fa notare che ho un difetto io ricevo solo il secondo messaggio e mi comporto come se non mi sentissi amato, è evidente che c'è stata una selezione, un filtro delle informazioni ricevute e quindi una distorsione della realtà. Vorrei far notare che spesso questo meccanismo avviene a livello inconscio e che quindi il soggetto sostiene di sentirsi amato ma di fatto si comporta come se non fosse così.

Perchè questo filtro?
Perchè ci relazioniamo con le persone nel modo in cui abbiamo imparato a fare nell'infanzia dalla relazione con la madre o comunque con la Figura di Attaccamento (FdA) che è la persona che ci ha offerto cure continuative durante il primo anno di vita.
Questo vuol dire che se la FdA non capisce e non è sensibile ai bisogni del bambino, se non è emotivamente o fisicamente vicina, se non fornisce cure amorevoli e pronte o non le fornisce basandosi sui reali bisogni del bambino questo crescerà con la convinzione di non essere amabile e da qui tutte le conseguenze che abbiamo descritto sopra.

E adesso veniamo ad esaminare cosa vuol dire avere un Sè solido e flessibile per chi ha una relazione emotivamente impegnata con persone con DBP.
Il Sè solido e flessibile, secondo la definizione di Scharch, è il primo punto di bilanciamento che permette di mantenere relazioni solide e durature. Avere un Sé solido e flessibile significa entrare in una relazione di profonda intimità rimanendo sè stessi.
Nella tempesta emotiva che provoca il soggetto con DBP rimanere sè stessi vuol dire capire innanzi tutto che la sofferenza emotiva dell'altro non è la propria, mantenere la calma e cercare di comportarsi nel modo più amorevole possibile senza rispondere agli attacchi.
Comprendere il motivo vero per cui la persona con DBP si comporta così vuol dire avere la possibilità di scusarla e di accoglierla anche nelle reazioni che possono sembrare più esagerate.
Questa disconferma del proprio modello di non amabilità è l'unica medicina possibile ma purtroppo richiede tempo, pazienza e sacrificio da parte della coppia; e soprattutto richiede una solidità della persona tale da rimanere salda di fronte ai continui abbandoni e scatti d'ira, una sicurezza interiore che fa vedere l'amore che l'altro ha anche quando è sepolto da strati di rabbia e nascosto da tonnellate di paura e di tensione.
Rimanere Sè stessi significa continuare ad amare come avremmo fatto, sapere chi si vuole essere e non lasciarsi trascinare dal vortice del dolore e del male.
Il male infatti è un vortice di distruzione che risucchia la vita e la felicità delle persone propagandosi da una generazione all'altra con una forza che può essere arrestata e vinta solo con un Amore forte e coraggioso.
Non c'è nessun carnefice e nessuna colpa se non quella di non aver avuto il coraggio di reagire. Nessun carnefice perchè il carnefice è lui stesso vittima di sè stesso e di chi lo ha fatto diventare un involontario carnefice. Lo stesso vale per i genitori del carnefice, carnefici e vittime anche loro e così via di generazione in generazione.
Avere un Sè solido significa imparare ad amare così. Comprendere, accogliere, soccorrere l'altro senza farsi distruggere. Dove farsi distruggere non significa solo soffrire ma anche perdere la propria identità, essere "costretti" a comportarsi come non si vorrebbe e a far del male a chi si ama.
Avere un Sè flessibile però significa anche essere capaci di mettersi in discussione, di verificare e modificare il proprio comportamento in modo da non ferire in alcun modo la persona amata, in un allenamento che ha una posta in gioco molto alta. È come correre sul ciglio di un burrone, imparando ad evitare i sassi e le buche e risalire sù con grande sforzo ogni volta che si cade. Un allenamento degno di Goku! (il protagonista di Dragon Ball)
Saremo capaci di accettare la sfida?



Segue una descrizione del Disturbo Borderline di Personalità:

Gunderson e Singer (1975) identificarono sei caratteristiche cliniche del disturbo:
1- relazioni interpersonali instabili ed intense
2- comportamento cronicamente autodistruttivo
3- paure di abbandono croniche
4- affettività disforica cronica
5- distorsioni cognitive
6- impulsività e scarso adattamento sociale

Difficoltà a stabilire delle relazioni interpersonali stabili: oscillano dalla idealizzazione delle persone alla loro più completa svalutazione; in pratica, non esistono categorie intermedie di valutazione degli altri, i quali appaiono, pertanto, o tutti buoni o tutti cattivi. La stessa alternanza investe anche il piano emotivo, per cui essi possono passare indifferentemente dalla rabbia all'amore.

Questi comportamenti e vissuti fortemente contraddittori vengono sperimentati anche in relazione al Sé; infatti, possono coesistere indifferentemente rappresentazioni di sé del tutto opposte che si alternano di continuo senza che il paziente ne abbia consapevolezza.

Disturbi dell’identità: avvertono continuamente un profondo senso di vuoto e necessitano della presenza altrui per sentirsi in qualche modo delle persone “vive”. La sensazione di “non esistere” pervade l’esistenza di questi pazienti che, pertanto, vanno ad instaurare delle relazioni tese alla totale dipendenza dalle persone del proprio ambiente che diventano per loro assolutamente indispensabili. Infatti, di fronte a qualsiasi tipo di abbandono, reale o immaginario, i borderline avvertono un profondo senso di annientamento che li spinge spesso a trasformare l’idealizzazione dell’altro in una totale svalutazione. Esplosioni violente di rabbia, ira ed ostilità, oltre che frequenti insulti ed acting-out: il loro comportamento è, in questo senso, particolarmente impulsivo e può tradursi in una serie di atteggiamenti potenzialmente dannosi, quali l’abuso di sostanze stupefacenti, i furti, la guida spericolata, frequenti abbuffate e comportamenti sessuali indiscriminati. Ipersensibilità all’abbandono: responsabile delle intense oscillazioni emotive ed affettive che caratterizzano le relazioni di tali soggetti.

Questi sono spesso sottoposti a bruschi cambiamenti di umore, che oscillano da stati depressivi a condizioni di intensa irritabilità, associati a volte a sentimenti di profonda ansia. Gesti autolesivi e tentativi suicidari a cui si accompagna una particolare tendenza a godere degli atti di automutilazione: frequentemente possono procurarsi ferite e bruciature, riferendo di non avvertire alcun dolore, ma solo una sensazione di sollievo dall’ angoscia e dalla rabbia (Bellodi, Battaglia, Magone, 1992). Gravi sintomi dissociativi: sono frequenti rotture dell’esame di realtà e distorsioni cognitive nel contesto interpersonale, che si manifestano sottoforma di episodi deliranti di abbandono da parte delle figure più significative. In conclusione, questi pazienti “sono persone di cristallo, delicate da toccare, facili a rompersi e pericolose quando sono in frantumi” (Bellodi, Battaglia e Migone, 1992).

venerdì 6 aprile 2012

Alcune riflessioni sul tema Fusione emotiva e Differenziazione

Quante volte abbiamo sentito nei film d'amore, nelle canzoni o forse anche nella nostra stessa vita "stai con me, non mi lasciare, non posso vivere senza te".
Quante volte abbiamo creduto che amare una persona significasse avere i suoi stessi sentimenti, soffrire con lei, gioire con lei.
Quante volte abbiamo taciuto in una discussione "per amore della pace" cioè per non entrare in conflitto e non rischiare di "rovinare tutto".
Tutti questi sono esempi di fusione emotiva.

Le coppie emotivamente fuse come le famiglie emotivamente fuse hanno la convinzione di fondo che per rimanere unite bisogna annullare le singole identità e le singole volontà nella misura in cui divergono dall'identità e dalla volontà comune.
In nome dell'unità si sfasciano le famiglie!

La famiglia emotivamente fusa è quella nella quale il figlio cresce invischiato nelle dinamiche familiari, programmato per accogliere il volere della famiglia e incapace di sostenere il peso di assumere una propria posizione, differenziata da quella della massa familiare. Uscendo fuori avrà difficoltà ad prendersi delle responsabilità, ad avere delle idee chiare su cosa vuole e cosa non vuole, a fare dei passi importanti come quello di sposarsi e costruirsi una famiglia.

La coppia emotivamente fusa è quella nella quale a turno uno abdica a favore della volontà dell'altro per evitare lo scontro, nella quale lo stare insieme è soffocante e il desiderio di evasione porta a stare lontano dall'altro il più possibile (spesso con la scusa del lavoro). Dietro un'apparente pace si cela un'aria irrespirabile perchè densa della paura di perdere la relazione e di restare soli da una parte e dell'insofferenza verso uno stare insieme vissuto come tirannia limitante della libertà individuale dall'altra.
La coppia emotivamente fusa inevitabilmente si avvicina verso lo stallo emotivo, una crisi dalla quale uscirà separata.
La maggior parte delle coppie che si dividono partono da questa posizione di fusione emotiva piuttosto che dall'indifferenza reciproca. Lo dimostra la grande sofferenza che queste persone vivono prima durante e dopo la crisi. Non soffrirebbero se non ci fosse un coinvolgimento emotivo molto forte.

La coppia in via di differenziazione vive la crisi come un momento di crescita e di maggiore differenziazione personale.
Ciascuno è se stesso, individuo in relazione con un altro individuo. Ciascuno pensa e sente per se stesso. L'unione viene mantenuta attraverso un consapevole superamento del proprio modo di vedere le cose a favore dell'altro. Un passaggio operato dal desiderio di comunione e non dalla paura. Ciascuno é capace di vivere senza l'altro, di rimanere sulle proprie gambe e sceglie liberamente di vivere con l'altro ogni giorno. Quindi, non una scelta dettata dalla necessità e dalla paura, ma una "dipendenza" cercata consapevolmente e vista come importante per la propria vita.
Dipendenza ed autonomia sono in equilibrio e fanno il loro gioco, crisi dopo crisi, nei passaggi che sono naturali nella vita di una coppia.
Senza voler svalutare l'importanza dell'impegno del matrimonio come pilastro nella costruzione della stabilità della famiglia, la coppia in via di differenziazione vive l'unione e l'affidarsi reciproco come una scelta da fare giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, nel rinnovare e promuovere la libertà propria e dell'altro.
Non "sto con te perchè senza di te non vivo" ma "sto con te perché ti scelgo e sono scelto da te ogni giorno".




lunedì 2 aprile 2012

PSICOTERAPIA E ATTACCAMENTO

Questo articolo presuppone la conoscenza della Teoria dell'Attaccamento di Jhon Bowlby e comunque è diretto in modo particolare agli "addetti ai lavori". Se non la conoscete vi sconsiglio di non andare avanti nella lettura in quanto alcuni termini qui utilizzati hanno un significato ben preciso all'interno della suddetta teoria e potrebbero essere altrimenti fraintesi.

La modifica dei modelli operativi interni   

        
La modifica dei modelli operativi interni richiede alcuni passaggi fondamentali: aiutare il soggetto a rafforzare le motivazioni che lo hanno spinto a iniziare il percorso terapeutico, essere base sicura, conoscere i meccanismi psicologici che sono alla radice del malessere e cercare di bypassarli.

Analizzare e consolidare la motivazione al cambiamento

L'essere motivati costituisce le fondamenta della possibilità di un effettivo cambiamento. Generalmente il soggetto che si accosta alla psicoterapia ha una motivazione che può essere più o meno solida.
Alcuni esempi possono chiarire il grado di motivazione in ordine crescente:
  • sono venuto perchè mi hanno mandato
  • sono venuto per un particolare disturbo
  • sono venuto perchè non sto bene e non so perchè
  • sono venuto perchè non sto bene e so perchè ma non so come mettervi riparo.   
Il caso numero uno è quello in cui il soggetto non è consapevole del proprio disagio.
Lo chiamo disagio perchè c'è una sofferenza che non arriva allo stato di consapevolezza, il prezzo che il soggetto paga per ottenere questo è la menomazione della capacità di ricevere le informazioni dal mondo esterno in modo corretto, questa menomazione naturalmente ha poi una significativa influenza sul modo di relazionarsi agli altri.
In questi casi può essere difficile capire a quali tipi di conseguenze va incontro il soggetto in quanto spesso lui stesso non identifica alcun problema.
È utile allora l'apporto di informazioni da parte di parenti e amici, in particolare da parte di chi ha premuto perchè il soggetto iniziasse un percorso terapeutico.
Un'altra strategia utile può essere quella di chiedere al soggetto se le altre persone hanno problemi a relazionarsi con lui o se lo accusano di qualcosa.
 
Una volta individuati gli elementi che per noi costituiscono segni di disfunzione del sistema relazionale bisogna trovare il modo di farli percepire come tali anche al soggetto.
Oltre ai segni di disfunzione esistono dei sintomi che il soggetto riporta come sensazioni per lui normali e appropriate ma per noi non usuali e inappropriate alla situazione.
Un esempio di segno è questo: il soggetto viene accusato dal partner di essere freddo e distaccato, il sintomo corrispondente è che il soggetto dichiara che non gli importa di non vedere nè sentire una persona cara anche per tanto tempo.  
 
Il secondo passo è quello più importante al fine di creare una motivazione forte e consiste nell'invitare il soggetto a parlare delle proprie sofferenze e dei motivi per cui ritiene di essere causa di sofferenza per gli altri. 
 
Terzo passo è dare delle spiegazioni che rendano chiaro al soggetto come i suoi problemi siano risolvibili con tanta buona volontá e tanto lavoro da parte della coppia operatore/soggetto.    
 
Riassumendo:
1. Riconoscere segni e sintomi
2. Aiutare il soggetto a prendere consapevolezza della sofferenza propria e/o altrui
3. Dare motivi di speranza di cambiamento
   
 

Essere base sicura   

È fondamentale per l'operatore l'attenzione costante ad essere una base sicura che si definisce nella capacità di essere sensibile e responsivo ma anche nella promozione dell'esplorazione del mondo interno del soggetto.  
 
Ecco alcune regole d'oro per chi vuole essere una base sicura:  
  • mai giudicare il paziente come molle, indeciso, immaturo, incapace ma sempre comprenderlo e incoraggiarlo 
La parola immaturo dovrebbe essere bandida innanzi tutto perchè ha una connotazione di giudizio negativo sulla persona. Il significato che comunemente si dà alla parola immaturo è di persona che si è fermata a un dato stadio evolutivo. Seppure si volesse trovare un'altra parola di significato corrispondente ma scevra da giudizi di colpa sul soggetto, si farebbe comunque riferimento a un modello e a una teoria che vede la crescita come una serie di stadi e le problematiche psicologiche come un fermarsi ad uno di questi stadi. Questo modo di definire i problemi psicologici è del tutto opinabile. Una persona adulta che presenti un'eccessiva dipendenza dagli altri o viceversa che tenda ad isolarsi e ad evitare di create dei legami non solo non è colpevole del proprio problema ma non è nemmeno ferma a stadi di maturazione precente. Si è semplicemente formata durante l'età infantile dei modelli operativi interni che erano i più adattatti alle cure materne che stava ricevendo e su questi modelli operativi bisogna andare ad agire per aiutarla.
Un paziente non deve mai essere giudicato "molle, incapace di prendere una decisione o di  comportarsi secondo una certa linea" ma va visto come una persona in difficoltà per una serie di motivi che é nostro compito portare alla luce perchè lui possa superarli.
Per esempio la paura di mostrare opinioni contrarie spesso deriva dalla paura di contrastare una  madre  che  non ammetteva repliche e che non conosceva il dialogo, paura motivata dal rifiuto o dal minacciato rifiuto di accudire un figlio giudicato ribelle nei momenti in cui tentava di mostrarsi così com'era. Rifiuto che certamente era un prezzo troppo alto da pagare per un bambino!
  • mai mostrare segni di insofferenza  e di stanchezza anche se il soggetto mostrasse di cadere sempre negli stessi giri e di non riuscire ad andar e avanti
 Non mostrare segni di insofferenza non vuol dire non incoraggiare ad andare avanti, vuol dire incoraggiare e non mostrare, neppure con il linguaggio non verbale, di essere stufi di sentirsi raccontare sempre gli stessi problemi senza che si riesca a  smuovere  nulla!
Innanzi tutto perchè probabilmente queste emozioni nascondono un nostro problema, la frustrazione per non riuscire ad aiutare il soggetto.
In secondo luogo perchè non è così che aiutiamo una persona a cambiare, così lo aiutiamo solo a sentirsi più solo e incompreso.
In terzo luogo perchè i cambiamenti sono fisiologicamente lenti e spesso difficili da percepire se non in tempi lunghi e l'impazienza dimostra solo una difficoltà ad accettare questa realtà. 
  • essere sensibili alle richieste di aiuto e non tirarsi mai indietro
Essere sensibili significa percepire una richiesta di aiuto anche non esplicita e soprattutto individuarne il senso più profondo. Spesso succede durante la terapia che il soggetto trovi nell'operatore quella madre sensibile e responsiva che non ha mai avuto e che quindi attivi il suo sistema di attaccamento proprio nei confronti dell'operatore. Questa  è una situazione prevista che non deve spaventare e far  indietreggiare rispetto a dei messaggi di accoglienza e di disponibilità precedentemente inviati.
  • essere empatici
 Essere empatici non vuol dire soffrire con chi soffre e gioire con chi gioisce ma tentare di comprendere i sentimenti e gli stati d'animo dell'altro con l'umiltà di chi sa che spesso la comprensione non è mai totale fino a quando non si fa esperienza delle situazioni a livello personale.
Comprendere a livello intellettuale permette di  stare vicini all'altro anche emotivamente.
Questo processo è diverso da quello che è chiamato coinvolgimento emotivo, soffrire non chi soffre e gioire con chi gioisce spesso non aiuta a mantenere la lucidità per valutare le cose dal di fuori e offrire al soggetto un punto di vista diverso dal suo. 
  • usare il proprio istinto materno  
 La madre con modello operativo interno sicuro è la base sicura per eccellenza! Per questo per essere dei buoni psicoterapeuti bisogna anzitutto essere delle buone madri e per essere delle buone madri bisogna avere o aver compreso cosa significa avere un modello operativo interno sicuro.
Avere o aver compreso significa che chi non ce l'ha lo può comprendere cioè prendere tra le sue cose, fare suo e comportarsi con i figli di conseguenza. Questo passaggio non risolve le sofferenze della madre con modello operativo interno non sicuro ma le permette di non trasmettere questo tipo di modello ai figli e quindi di interrompere la catena di sofferenza.
Riassumendo: una persona con sistema operativo interno sicuro è naturalmente sensibile e responsiva perchè è una caratteristica che fa parte di questo modello ma non l'unica.  Una persona con modello operativo interno di tipo insicuro puó essere sensibile e responsiva senza aver raggiunto il grado di sicura acquisita.
  • lasciar fare quando il soggetto mostra di farcela da solo
Vuol dire dare fiducia, responsabilizzare, promuovere l'autonomia del soggetto. L'operatore non è un guaritore ma una curatore, cioè uno che si prende cura non uno che guarisce. La guarigione è un processo  complesso nel quale responsabilità e merito vanno condivisi tra operatore, soggetto, situazioni contingenti, figure di riferimento attuali del soggetto, ecc.
  • mai usare ironia o prendere in giro anche solo bonariamente
 Sdrammatizzare e ironizzare affondano le radici su terreni profondamente diversi, l'una in quella della benevolenza e l'altra in quella dell'ostilità. Bisognerebbe sempre chiedersi cosa c'è dietro alla tentazione di fare una battuta ironica, quali sentimenti e quali ragioni ci spingono.
  • non far sentire mai il soggetto respinto e umiliato ma sempre accolto, anche di fronte a richieste o comportamenti  inopportuni nei nostri confronti bisogna usare grazia e benevolenza nel negare quanto richiesto   
 A volte, come fa un genitore, l'operatore è chiamato a dire dei no. E come nel caso del genitore é fondamentale il modo in cui questo viene detto e il modo di gestire le conseguenze che questo diniego ha sul soggetto.
Il bambino di fronte ai no spesso piange perchè non gli è dato di capire i motivi, per cui sente di subire un'ingiustizia, sbatte contro dei limiti posti alla propria libertà.  
Perciò in questi momenti il bambino vive delle difficoltà serie e delle crisi per lui difficili da gestire correttamente. Il ruolo di un genitore è quello di aiutare il bambino a superare la crisi facendogli sentire la sua vicinanza emotiva. Quindi non solo dovrà aiutarlo a comprendere come stanno le cose e a farlo entrare nelle motivazioni del diniego (compatibilmente con l'età del piccolo) ma soprattutto dovrà fargli sentire che lui c'è e non lo lascia solo nei momenti di difficoltà.
Allo stesso modo, per l'adulto con attaccamento insicuro, l'operatore, quantunque fermo nei suoi dinieghi, deve peró essere una presenza e un sostegno emotivo.
  • Incoraggiare l'esplorazione del mondo interno del soggetto attraverso il racconto di episodi che gettino luce sul suo rapporto con le persone di riferimento nell'infanzia
 Spesso ricordare è doloroso, soprattutto se si cerca di promuovere la riattivazione di quei ricordi che erano stati accantonati perchè inaccettabili. Nessuno si apre di fronte a una persona che non mostra sufficiente comprensione e sensibilità. L'operatore promuove l'esplorazione dei ricordi più penosi e quindi più significativi ai fini della comprensione del dolore del soggetto innanzi tutto attraverso un modo di essere (vedi punti precedenti) e in secodno luogo attraverso il filo guida che viene dalla conoscenza approfondita dei meccanismi e delle situazioni che si possono vivere in età infantile.
 

Tener conto dei filtri   

È la capacità di saper leggere dietro i racconti del soggetto i possibili effetti del filtro da lui operati inconsapevolmente; da qui l'attenzione ad invitare il soggetto alla lettura degli eventi e dei messaggi che provengono dall'esterno sotto diverse angolature e punti di vista.   
 
La filtrazione delle informazioni  è operata in base a degli schemi che il soggetto si è costituito in età infantile e che avevano lo scopo di non permettere alle informazioni dolorose di arrivare a un grado di consapevolezza troppo elevato.
Questo filtro è tanto più potente e limitante rispetto alle informazioni quanto più grande era la sofferenza e quanto più grosse erano le situazioni da escludere. Questa affermazione peró  parla solo della "quantità" di infomazioni filtrate ma esiste anche una "qualità" che fa riferimento al tipo di informazioni che vengono filtrate.  
 
Esiste infatti una esclusione/filtrazione di messaggi a contenuto concettuale, a contenuto emotivo o entrambi.   
Il risultato di un filtro operato solo sul contenuto emotivo è  per esempio quello del soggetto che riesce a percepire e comprendere correttamente i messaggi di tipo concettuale ("la persona significativa mi ama") per cui può affermare con convinzione di sapersi amato, compreso, accudito ma a questa consapevolezza manca un corrispondente benessere emotivo ("mi sento amato e quindi felice di esserlo"). Come se ci fosse una comprensione solo intellettuale che non incide sul piano emotivo.  
Ci sono diverse esperienze relazionali con la figura di accudimento che possono creare questo tipo di reazione nel figlio.  
Per esempio può accadere quando alle parole della madre che affermava di voler bene al figlio non corrispondeva un legame affettivo ed emotivo soddisfacente o comunque sufficiente per colmare i suoi bisogni di accudimento e di comprensione. Per cui l'informazione concettuale "mamma ti vuole bene" passava mentre l'informazione "mamma non si accorge che mi sento triste, arrabbiato, che ho bisogno di lei" veniva censurata, quest'ultima informazione  utilizzava  canali di comunicazione diversi che richiedono un'elaborazione avanzata.
Ecco un esempio di informazioni e di come vengono elaborate: sto piangendo e mamma non viene a consolarmi,  ho bisogno di essere calmato perchè mi sento arrabbiato e agitato e mamma non se ne accorge, ho bisogno di parlare delle mie sofferenze e mamma non è qui oppure non mi ascolta oppure non mi capisce. A queste informazioni dovrebbe seguire un'elaborazione e una convinzione: mamma non è sensibile e/o responsiva. Il bambino piccolo peró non è disposto a d accettare una simile realtà perchè fonte di sofferenza quindi l'elaborazione di cui sopra non avviene o semplicemente non arriva a un grado sufficiente di consapevolezza.
Purtroppo il soggetto che ha operato un'esclusione selettiva delle informazioni provenienti dal mondo emotivo al fine di non permettere l'ingresso di messaggi negativi non riesce poi nemmeno a godere del benessere che potrebbero dargli i messaggi positivi.  
Il lavoro in questo caso è quindi quello di riportare l'attenzione del soggetto sul proprio modo emotivo e sulle informazioni provenienti dall'esterno e ad esso afferenti.
Dove per modo emotivo non si intende solo il sentimento che si prova ma anche e soprattutto come percepisco e interpreto l'altro e me stesso attraverso e al di là delle parole e delle azioni.    

venerdì 30 marzo 2012

Oltre i propri limiti

Ho visto questo video e mi sono venute in mente alcune riflessioni.

Lo dedico a tutti coloro che osano sfidare se stessi.

http://www.youtube.com/watch?v=HwazMvCuOB8&feature=youtube_gdata_player

CHI decide i nostri limiti? La paura di farci male? Io non ho voglia di farmi imporre nulla dalla mia paura di soffrire. La sofferenza non può ucciderci ma la paura di soffrire sì!

Credo che i grandi uomini e i santi non avessero capacità o poteri speciali, erano persone capaci di spingersi oltre i propri limiti senza farsi bloccare dalla paura di soffrire.

Coraggio e fede in se stessi!

Buona visione.

lunedì 26 marzo 2012

Approfondimenti sui 4 Punti di Bilanciamento secondo Schnarch: Solid and flexible self


La differenziazione è la capacità di bilanciare il desiderio di autonomia con il desiderio di mantenere una relazione con l'altro. 
Spesso siamo sbilanciati verso l'una o l'altra parte e la conseguenza è che quando ci impegna in una relazione possiamo sentirci soffocare (emotionally claustrophobic) oppure possiamo sentire che stiamo perdendo noi stessi, che siamo diventati dipendenti dalla relazione (fusione emotiva).
Entrambe le posizioni sono sbilanciate e non permettono di avere delle relazioni emotivamente impegnate di lunga durata.

Avere un sè solido e flessibile aiuta ad essere autonomi e ad entrare nelle relazioni emotivamente impegnate con la speranza di mantenerle in modo duraturo.
La tentazione più comune è quella di pensare che per mantenere una relazone bisogna fondersi con l'altro. 
Questo modo di procedere chiede all'individuo una continua rinuncia a sè stesso e un continua ricerca di compromessi, per cui nella coppia ognuno si adatta all'altro con grande fatica allo scopo di mantenere la pace. Il risultato è che, prima o poi, quando la posta in gioco sarà troppo alta per uno dei due, l'impossibilità di fare un compromesso porterà allo "stallo emotivo" (emotional gridlock). 
Lo stallo emotivo poi è la fine dei giochi, e pone l'individuo di fronte a un "dilemma a due scelte", che in genere prevede rinunciare alla relazione o differenziarsi.

Ecco alcune Indicazioni pratiche per costruire un self solido e flessibile. 

Affrontare le situazioni della vita bevendo l'amaro calice fino all'ultima goccia.
Spesso siamo tentati di trovare delle soluzioni "alternative" all'affrontare le amarezze della vita, cioè ad assumere atteggiamenti e posizioni che non sono le vere soluzioni dei notri problemi. 

Un esempio classico è quello di chi evita di pensare a certe situazioni che gli provocano angoscia, cioè "mette in congelatore" certe problematiche illudendosi di averle superate per il semplice fatto che non prova i sentimenti negativi associati alla situazione stessa. Ma, come quando si scongela qualcosa, spesso la si ritrova tale e quale anche a distanza di anni, così le problematiche non superate, ma solo evitate, stanno sempre lì ad aspettarci, pronte a farsi sentire al minimo cedimento o a produrre dei sintomi quando la struttura psicologica lo permette. Uno dei segni che rivelano questo tipo di situazione è la tendenza a dimenticare; per cui per esempio una persona, elencando gli eventi importanti dell'ultimo anno potrebbe omettere un'informazione importante come la morte della madre. Un'altro importante segno è la difficoltà a parlarne per cui la persona tende a cambiare subito discorso o si mostra nervosa e scostante quando si tenta di prendere certi argomenti.

Lo stesso discorso vale nell'ambito delle relazioni: si tende a rimandare certi discorsi pensando che l'altro poi dimentichi il problema o cambi idea. Ci sono persone che spesso di fronte ai tentativi del partner di affrontare un determinato argomento rispondono "poi ne parliamo" rimandando eternamente il confronto. 

Affrontare la relazione con l'altro rimanendo se stessi significa innanzi tutto presentarsi all'altro così come si è senza farsi intimorire da quello che l'altro potrebbe pensare e dagli effetti che questo potrebbe avere sulla relazione.
Con questo non intendo dire che bisogna presentare all'altro il peggio di se stessi o denigrarsi agli occhi dell'altro (anche perchè spesso quando affermiamo di non valere un granchè siamo i primi a non crederci, è solo una falsa umiltà). Presentarsi all'altro così come si è significa avere il coraggio di ragionare con la propria testa e di esporre la propria opinione senza farsi influenzare dal fatto che all'altro potrebbe non piacere. È giusto farsi influenzare ma solo nella misura in cui si riconosce che l'opinione dell'altro è migliore della nostra. Purtroppo spesso nelle relazioni si chiede gratuitamente la condiscendenza, soprattutto nelle relazioni sbilanciate nelle quali una persona sta in posizione di posizione di comando e di supremazia. A volte questa condiscendenza viene chiesta in nome del rispetto legato alla posizione (i genitori potrebbero chiederlo ai figli) o all'età (un educatore potrebbe chiederlo al discente, un capoufficio a un impiegato). Questa richiesta è tutt'altro che educativa, infatti l'individuo trattato in questo modo fin da piccolo non impara a ragionare con la propria testa ma si affida sempre alle opinioni e alle scelte altrui, mentre un adulto trattato in questo modo si sente frustrato e soffocato perchè non gli viene riconosciuta la capacità di pensare.

Un'altro errore comune è quello di cercare di proteggere l'altro per un falso senso di compassione (la madre iperprotettiva). Ci sono persone che credono di poter manipolare gli eventi e le verità dolorose della vita in modo che non possano nuocere alle persone che amano. Il problema è di due specie, la prima relativa al fatto che queste persone tendono a presentare la realtà in modo addolcito, quando non del tutto falso e a fare in modo che il loro caro eviti di trovarsi di fronte a certe realtà; il secondo aspetto del problema è relativo al fatto che proprio questo evitare con tutte le forze al proprio caro di affrontare o anche solo di vedere la realtà delle cose è menomante per lui.
Alcuni semplici esempi per chiarire il concetto. 
A molte persone viene nascosta la verità sulla propria salute perchè ritenuti non abbastanza forti da confrontarsi con essa. Il risultato è che spesso queste persone intuiscono la verità ma viene tolta loro la possibilità di condividerla con chi amano e quindi di farsi supportare.
Altre volte non si permette alle persone di crescere nel sano confronto con le opinioni altrui perchè si evita di dire quello che si pensa di loro. Questo vale in particolare per le relazioni più strette, perchè non siamo tenuti e nemmeno autorizzati a dire agli estranei o ai conoscenti quello che pensiamo di loro, ma siamo tenuti a farlo con le persone che amiamo se la verità su di loro può farli migliorare. Se non lo facciamo per non inimicarceli o per paura della loro reazione forse non li amiamo abbastanza, se non lo facciamo per non farli soffrire forse dovremmo interrogarci sul significato del nostro amore.
E ancora, dietro questo non dire, si potrebbe annidare la sottile paura che la relazione si possa in qualche modo incrinare, e forse potrebbe essere vero; ma è c'è da chiedersi allora se è davvero questa la relazione che vogliamo.
Solo chi non è dipendente dalla relazione ed emotivamente fuso con l'altro può permettersi di essere e di esprimere veramente se stesso senza paura.

Avere un sè solido e flessibile permette di affrontare la relazione con l'altro rimanendo se stesso ma anche di interrogarsi e confrontarsi positivamente con l'altro.

Confrontarsi con l'altro vuol dire avere la mente aperta alla possibilità di prendere in considerazione idee e posizioni diverse. Il confronto richiede la capacità di ragionare sulle cose, di non avere pregiudizi sull'altro, di non considerarsi migliori dell'altro.

Ma il processo di differenziazione non coinvolge solo il modo di pensare ma anche il mdo di sentire emotivamente.
Quanto più si è indifferenziati tanto più si è incapaci di differenziare le proprie emozioni da quelle dell'altro, di evitare di farsi conivolgere e travolgere dai sentimenti negativi che l'altro può provare (ansia, angoscia, tristezza). Questa condizione, ben lungi dalla vera empatia, prende il nome di fusione emotiva e impedisce di essere di sostegno alla persona con cui si è fusi proprio perchè si in primo luogo crollerebbe di fronte alla crisi dell'altro. 
Questo è il motivo per cui ordinariamente quando in una famiglia una persona è ansiosa per qualcosa l'ansia si contagia come la peste a tutti gli altri e l'aria diventa tesa e pesante. 
Il processo di differenziazione aiuta l'individuo a differenziare i propri stati emotivi da quelli dell'altro per il semplice fatto che l'individuo non dipende totalmente dall'altro, che il suo star bene emotivamente non è strettamente connesso allo star bene dell'altro ma vive di vita propria.

Differenziarsi e costruirsi un sè solido e flessibile significa quindi in definitiva riconquistare la libertà di essere se stessi in relazione all'altro, godere di questa libertà e farne godere anche gli altri.



mercoledì 21 marzo 2012

Alcune chicche del Convegno del Dott. Schnarch


Il 21 Marzo 2012 il Dott. Schnarch, psicologo e sessuologo di fama mondiale, co-direttore, insieme alla moglie Ruth, del Marriage and Family Health Center in Colorado, ha tenuto una conferenza all'Università del Seraphicum di Roma.

Cuore del messaggio che il Dott. David diffonde attraverso le sue conferenze e i suoi libri è la differenziazione, idea nata da Murray Bowen, uno dei padri della Terapia Familiare.
Il Dott. Schnarch, riprende e sviluppa il concetto di differenziazione applicandolo alle "relazioni emotivamente impegnate" e definisce la teoria dei Quattro Punti di Bilanciamento che sono i quattro requisiti necessari per entrare nel Crogiolo (Crucible), che è il luogo della sofferenza ma anche della purificazione e della crescita, che si crea delle situazioni di stallo emotivo (emotional gridlock), che inevitabilmente si incontrano nelle relazioni di coppia, ed uscirne con un grado di maturità più elevato (con una maggiore differenziazione).
La differenziazione secondo Schnarch è la capacità di essere sè stessi, di avere un sè solido e flessibile quando stiamo in relazione agli altri; maggiore è il coinvolgimento emotivo nella relazione, maggiore sarà la possibilità di entrare nel Crogiolo per uscirne più differenziati. Il matrimonio è il luogo di crescita per eccellenza se sappiamo sfuttare le situazioni di stallo emotivo a nostro beneficio.
"Nessuno è pronto per il matrimonio, il matrimonio rende pronti" è una delle "parole" che David e Ruth ripetono spesso ai loro pazienti.

Il 1^ Punto di Bilanciamento: avere un Sè solido e flessibile.
Molte persone mancano di un senso solido del sè facendo dipendere sè stessi dal modo in cui gli altri li vedono (sè preso a prestito). In questa condizione rischiano di diventare eccessivamente dipendenti nelle relazioni impegnate (fusione emotiva) o viceversa di avere una claustrofobia per l'intimità.
Sia l'una che l'altra condizione sono un'ostacolo alla relazione e portano prima o poi alla situazione di stallo emotivo.
Non avere un solido senso del sè porta a cercare nell'altro la validazione e l'approvazione e a sentirsi in pericolo tutte le volte che nella coppia c'è un disaccordo. Questa situazione di fragilità non permette il confronto sereno con l'altro per cui per mantenere la relazione bisogna a tutti i costi mantenere la "pace" e non avere alcuna discussione attivando il sistema dei compromessi.
Nel momento in cui non sarà possibile fare un compromesso perchè la situazione non lo permetterà la coppia entrerà nello stallo emotivo.
Avere un sè solido e flessibile comporta invece la capacità di mantenere il propro punto di vista e la propria direzione affrontando le correnti della fusione emotiva che vorrebbero a farci conformare a un pensiero comune (la massa dell'io familiare secondo Bowen) nel quale non si distingua più "chi pensa cosa" ma "la coppia pensa, la coppia crede, ecc..".
Avere un senso del sè solido ma anche flessibile comporta saper confrontarsi con gli altri e non crollare quando ci si accorge di essere in torto.
La flessibilità permette di imparare dai propri errori, di poter cambiare le proprie regole quando è necessario.
Un sè solido e flessibile permette di stare sulle proprie gambe nel contesto di una relazione.

Il 2^ Punto di Bilanciamento: Mente Calma e Cuore Calmo
È la capacità di autotramquillizzarsi, di prendersi cura e di saper gestire il proprio modo interiore (pensieri, sentimenti, emozioni e la risposta del proprio organismo agli stessi).
Questo in pratica comporta la capacità di tenere a bada le proprie emozioni e di non permettere loro di prendere il controllo della situazione, saper curare le proprie ferite emotive (emotional bruises), controllare il proprio corpo.

Il 3 ^ Punto di Bilanciamento: Reagire tenendo i "piedi emotivi" ben saldi a terra (emotionally grounded)
Nelle situazioni di tensione e di forte ansia è facile dare delle risposte eccessive e sproporzionate, essere iper-reattivi, dire cose che feriscono l'altro, rompere l'alleanza collaborativa se ci si sente feriti.
All'opposto reazioni flebili a situazioni che richiedono maggiore energia sono tipiche di un comportamento evitante e rendono complici delle situazioni negative che non vengono affrontate.
Un risposta con i piedi ben saldi per terra comporta un equilibrio tra l'iper-reattività e l'ipo-reattività.
C'è un detto che dice: "Il matrimonio è migliorato dalle due o tre cose non dette ogni giorno".

Il 4^ Punto di Bilanciamento: Resistenza piena di significato (Meaningful Endurance)
Ovvero tollerare il dolore per la crescita, è la base per padroneggiare la propria vita e forse il più importante dei 4 Punti di Bilanciamento.
Si può portare a termine ben poco nella vita senza questa prerogativa, essa ti permette di raggiungere i tuoi obiettivi, di fare quello che deve essere fatto anche quando non ti va, di incassare i colpi e di rialzarti quando cadi, di resistere allo stress.
Essa non è una cieca perseveranza o il rifiuto di guardare in faccia la realtà, non è un accettare il dolore senza senso e non è nemmeno semplicemente resistenza al dolore.
La Resistenza piena di significato è resistere al dolore per la crescita. Non c'è crescita senza significato.

La Crucible Therapy (Terapia del Crogiolo), che comprende queste ed altre idee, è validata dai suoi stessi risultati. Anni di pratica clinica hanno portato il Dott. Schnarch e sua moglie a riconoscere come i problemi delle coppie in tutto il mondo sono molto simili e che non sono per nulla un'ostacolo al mantenimento della relazione, anzi sono un potente mezzo di crescita umana e di differenziazione che, ove usato nel modo giusto, rende le coppie più unite e permette loro di raggiungere il massimo grado di unione emotiva e fisica.