Develop yourself

Human and Spiritual Development are one thing

Free yourself from all the psychological blocks that limitate your development

I am a Psychotherapist and a spiritual person.

I like to think that my mission in this world is to help people to develop fully and to became who they really are.

With this purpose I offer Psychotherapy and Hypnotherapy in presence (in London) or through Skype.

If you think I can help you please contact me:

concettacasella@gmail.com

The sessions are not too expensive as I aim to help as many people as possible and I also offer group psychotherapy and hypnosis experiences.

Concetta

venerdì 6 aprile 2012

Alcune riflessioni sul tema Fusione emotiva e Differenziazione

Quante volte abbiamo sentito nei film d'amore, nelle canzoni o forse anche nella nostra stessa vita "stai con me, non mi lasciare, non posso vivere senza te".
Quante volte abbiamo creduto che amare una persona significasse avere i suoi stessi sentimenti, soffrire con lei, gioire con lei.
Quante volte abbiamo taciuto in una discussione "per amore della pace" cioè per non entrare in conflitto e non rischiare di "rovinare tutto".
Tutti questi sono esempi di fusione emotiva.

Le coppie emotivamente fuse come le famiglie emotivamente fuse hanno la convinzione di fondo che per rimanere unite bisogna annullare le singole identità e le singole volontà nella misura in cui divergono dall'identità e dalla volontà comune.
In nome dell'unità si sfasciano le famiglie!

La famiglia emotivamente fusa è quella nella quale il figlio cresce invischiato nelle dinamiche familiari, programmato per accogliere il volere della famiglia e incapace di sostenere il peso di assumere una propria posizione, differenziata da quella della massa familiare. Uscendo fuori avrà difficoltà ad prendersi delle responsabilità, ad avere delle idee chiare su cosa vuole e cosa non vuole, a fare dei passi importanti come quello di sposarsi e costruirsi una famiglia.

La coppia emotivamente fusa è quella nella quale a turno uno abdica a favore della volontà dell'altro per evitare lo scontro, nella quale lo stare insieme è soffocante e il desiderio di evasione porta a stare lontano dall'altro il più possibile (spesso con la scusa del lavoro). Dietro un'apparente pace si cela un'aria irrespirabile perchè densa della paura di perdere la relazione e di restare soli da una parte e dell'insofferenza verso uno stare insieme vissuto come tirannia limitante della libertà individuale dall'altra.
La coppia emotivamente fusa inevitabilmente si avvicina verso lo stallo emotivo, una crisi dalla quale uscirà separata.
La maggior parte delle coppie che si dividono partono da questa posizione di fusione emotiva piuttosto che dall'indifferenza reciproca. Lo dimostra la grande sofferenza che queste persone vivono prima durante e dopo la crisi. Non soffrirebbero se non ci fosse un coinvolgimento emotivo molto forte.

La coppia in via di differenziazione vive la crisi come un momento di crescita e di maggiore differenziazione personale.
Ciascuno è se stesso, individuo in relazione con un altro individuo. Ciascuno pensa e sente per se stesso. L'unione viene mantenuta attraverso un consapevole superamento del proprio modo di vedere le cose a favore dell'altro. Un passaggio operato dal desiderio di comunione e non dalla paura. Ciascuno é capace di vivere senza l'altro, di rimanere sulle proprie gambe e sceglie liberamente di vivere con l'altro ogni giorno. Quindi, non una scelta dettata dalla necessità e dalla paura, ma una "dipendenza" cercata consapevolmente e vista come importante per la propria vita.
Dipendenza ed autonomia sono in equilibrio e fanno il loro gioco, crisi dopo crisi, nei passaggi che sono naturali nella vita di una coppia.
Senza voler svalutare l'importanza dell'impegno del matrimonio come pilastro nella costruzione della stabilità della famiglia, la coppia in via di differenziazione vive l'unione e l'affidarsi reciproco come una scelta da fare giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, nel rinnovare e promuovere la libertà propria e dell'altro.
Non "sto con te perchè senza di te non vivo" ma "sto con te perché ti scelgo e sono scelto da te ogni giorno".




lunedì 2 aprile 2012

PSICOTERAPIA E ATTACCAMENTO

Questo articolo presuppone la conoscenza della Teoria dell'Attaccamento di Jhon Bowlby e comunque è diretto in modo particolare agli "addetti ai lavori". Se non la conoscete vi sconsiglio di non andare avanti nella lettura in quanto alcuni termini qui utilizzati hanno un significato ben preciso all'interno della suddetta teoria e potrebbero essere altrimenti fraintesi.

La modifica dei modelli operativi interni   

        
La modifica dei modelli operativi interni richiede alcuni passaggi fondamentali: aiutare il soggetto a rafforzare le motivazioni che lo hanno spinto a iniziare il percorso terapeutico, essere base sicura, conoscere i meccanismi psicologici che sono alla radice del malessere e cercare di bypassarli.

Analizzare e consolidare la motivazione al cambiamento

L'essere motivati costituisce le fondamenta della possibilità di un effettivo cambiamento. Generalmente il soggetto che si accosta alla psicoterapia ha una motivazione che può essere più o meno solida.
Alcuni esempi possono chiarire il grado di motivazione in ordine crescente:
  • sono venuto perchè mi hanno mandato
  • sono venuto per un particolare disturbo
  • sono venuto perchè non sto bene e non so perchè
  • sono venuto perchè non sto bene e so perchè ma non so come mettervi riparo.   
Il caso numero uno è quello in cui il soggetto non è consapevole del proprio disagio.
Lo chiamo disagio perchè c'è una sofferenza che non arriva allo stato di consapevolezza, il prezzo che il soggetto paga per ottenere questo è la menomazione della capacità di ricevere le informazioni dal mondo esterno in modo corretto, questa menomazione naturalmente ha poi una significativa influenza sul modo di relazionarsi agli altri.
In questi casi può essere difficile capire a quali tipi di conseguenze va incontro il soggetto in quanto spesso lui stesso non identifica alcun problema.
È utile allora l'apporto di informazioni da parte di parenti e amici, in particolare da parte di chi ha premuto perchè il soggetto iniziasse un percorso terapeutico.
Un'altra strategia utile può essere quella di chiedere al soggetto se le altre persone hanno problemi a relazionarsi con lui o se lo accusano di qualcosa.
 
Una volta individuati gli elementi che per noi costituiscono segni di disfunzione del sistema relazionale bisogna trovare il modo di farli percepire come tali anche al soggetto.
Oltre ai segni di disfunzione esistono dei sintomi che il soggetto riporta come sensazioni per lui normali e appropriate ma per noi non usuali e inappropriate alla situazione.
Un esempio di segno è questo: il soggetto viene accusato dal partner di essere freddo e distaccato, il sintomo corrispondente è che il soggetto dichiara che non gli importa di non vedere nè sentire una persona cara anche per tanto tempo.  
 
Il secondo passo è quello più importante al fine di creare una motivazione forte e consiste nell'invitare il soggetto a parlare delle proprie sofferenze e dei motivi per cui ritiene di essere causa di sofferenza per gli altri. 
 
Terzo passo è dare delle spiegazioni che rendano chiaro al soggetto come i suoi problemi siano risolvibili con tanta buona volontá e tanto lavoro da parte della coppia operatore/soggetto.    
 
Riassumendo:
1. Riconoscere segni e sintomi
2. Aiutare il soggetto a prendere consapevolezza della sofferenza propria e/o altrui
3. Dare motivi di speranza di cambiamento
   
 

Essere base sicura   

È fondamentale per l'operatore l'attenzione costante ad essere una base sicura che si definisce nella capacità di essere sensibile e responsivo ma anche nella promozione dell'esplorazione del mondo interno del soggetto.  
 
Ecco alcune regole d'oro per chi vuole essere una base sicura:  
  • mai giudicare il paziente come molle, indeciso, immaturo, incapace ma sempre comprenderlo e incoraggiarlo 
La parola immaturo dovrebbe essere bandida innanzi tutto perchè ha una connotazione di giudizio negativo sulla persona. Il significato che comunemente si dà alla parola immaturo è di persona che si è fermata a un dato stadio evolutivo. Seppure si volesse trovare un'altra parola di significato corrispondente ma scevra da giudizi di colpa sul soggetto, si farebbe comunque riferimento a un modello e a una teoria che vede la crescita come una serie di stadi e le problematiche psicologiche come un fermarsi ad uno di questi stadi. Questo modo di definire i problemi psicologici è del tutto opinabile. Una persona adulta che presenti un'eccessiva dipendenza dagli altri o viceversa che tenda ad isolarsi e ad evitare di create dei legami non solo non è colpevole del proprio problema ma non è nemmeno ferma a stadi di maturazione precente. Si è semplicemente formata durante l'età infantile dei modelli operativi interni che erano i più adattatti alle cure materne che stava ricevendo e su questi modelli operativi bisogna andare ad agire per aiutarla.
Un paziente non deve mai essere giudicato "molle, incapace di prendere una decisione o di  comportarsi secondo una certa linea" ma va visto come una persona in difficoltà per una serie di motivi che é nostro compito portare alla luce perchè lui possa superarli.
Per esempio la paura di mostrare opinioni contrarie spesso deriva dalla paura di contrastare una  madre  che  non ammetteva repliche e che non conosceva il dialogo, paura motivata dal rifiuto o dal minacciato rifiuto di accudire un figlio giudicato ribelle nei momenti in cui tentava di mostrarsi così com'era. Rifiuto che certamente era un prezzo troppo alto da pagare per un bambino!
  • mai mostrare segni di insofferenza  e di stanchezza anche se il soggetto mostrasse di cadere sempre negli stessi giri e di non riuscire ad andar e avanti
 Non mostrare segni di insofferenza non vuol dire non incoraggiare ad andare avanti, vuol dire incoraggiare e non mostrare, neppure con il linguaggio non verbale, di essere stufi di sentirsi raccontare sempre gli stessi problemi senza che si riesca a  smuovere  nulla!
Innanzi tutto perchè probabilmente queste emozioni nascondono un nostro problema, la frustrazione per non riuscire ad aiutare il soggetto.
In secondo luogo perchè non è così che aiutiamo una persona a cambiare, così lo aiutiamo solo a sentirsi più solo e incompreso.
In terzo luogo perchè i cambiamenti sono fisiologicamente lenti e spesso difficili da percepire se non in tempi lunghi e l'impazienza dimostra solo una difficoltà ad accettare questa realtà. 
  • essere sensibili alle richieste di aiuto e non tirarsi mai indietro
Essere sensibili significa percepire una richiesta di aiuto anche non esplicita e soprattutto individuarne il senso più profondo. Spesso succede durante la terapia che il soggetto trovi nell'operatore quella madre sensibile e responsiva che non ha mai avuto e che quindi attivi il suo sistema di attaccamento proprio nei confronti dell'operatore. Questa  è una situazione prevista che non deve spaventare e far  indietreggiare rispetto a dei messaggi di accoglienza e di disponibilità precedentemente inviati.
  • essere empatici
 Essere empatici non vuol dire soffrire con chi soffre e gioire con chi gioisce ma tentare di comprendere i sentimenti e gli stati d'animo dell'altro con l'umiltà di chi sa che spesso la comprensione non è mai totale fino a quando non si fa esperienza delle situazioni a livello personale.
Comprendere a livello intellettuale permette di  stare vicini all'altro anche emotivamente.
Questo processo è diverso da quello che è chiamato coinvolgimento emotivo, soffrire non chi soffre e gioire con chi gioisce spesso non aiuta a mantenere la lucidità per valutare le cose dal di fuori e offrire al soggetto un punto di vista diverso dal suo. 
  • usare il proprio istinto materno  
 La madre con modello operativo interno sicuro è la base sicura per eccellenza! Per questo per essere dei buoni psicoterapeuti bisogna anzitutto essere delle buone madri e per essere delle buone madri bisogna avere o aver compreso cosa significa avere un modello operativo interno sicuro.
Avere o aver compreso significa che chi non ce l'ha lo può comprendere cioè prendere tra le sue cose, fare suo e comportarsi con i figli di conseguenza. Questo passaggio non risolve le sofferenze della madre con modello operativo interno non sicuro ma le permette di non trasmettere questo tipo di modello ai figli e quindi di interrompere la catena di sofferenza.
Riassumendo: una persona con sistema operativo interno sicuro è naturalmente sensibile e responsiva perchè è una caratteristica che fa parte di questo modello ma non l'unica.  Una persona con modello operativo interno di tipo insicuro puó essere sensibile e responsiva senza aver raggiunto il grado di sicura acquisita.
  • lasciar fare quando il soggetto mostra di farcela da solo
Vuol dire dare fiducia, responsabilizzare, promuovere l'autonomia del soggetto. L'operatore non è un guaritore ma una curatore, cioè uno che si prende cura non uno che guarisce. La guarigione è un processo  complesso nel quale responsabilità e merito vanno condivisi tra operatore, soggetto, situazioni contingenti, figure di riferimento attuali del soggetto, ecc.
  • mai usare ironia o prendere in giro anche solo bonariamente
 Sdrammatizzare e ironizzare affondano le radici su terreni profondamente diversi, l'una in quella della benevolenza e l'altra in quella dell'ostilità. Bisognerebbe sempre chiedersi cosa c'è dietro alla tentazione di fare una battuta ironica, quali sentimenti e quali ragioni ci spingono.
  • non far sentire mai il soggetto respinto e umiliato ma sempre accolto, anche di fronte a richieste o comportamenti  inopportuni nei nostri confronti bisogna usare grazia e benevolenza nel negare quanto richiesto   
 A volte, come fa un genitore, l'operatore è chiamato a dire dei no. E come nel caso del genitore é fondamentale il modo in cui questo viene detto e il modo di gestire le conseguenze che questo diniego ha sul soggetto.
Il bambino di fronte ai no spesso piange perchè non gli è dato di capire i motivi, per cui sente di subire un'ingiustizia, sbatte contro dei limiti posti alla propria libertà.  
Perciò in questi momenti il bambino vive delle difficoltà serie e delle crisi per lui difficili da gestire correttamente. Il ruolo di un genitore è quello di aiutare il bambino a superare la crisi facendogli sentire la sua vicinanza emotiva. Quindi non solo dovrà aiutarlo a comprendere come stanno le cose e a farlo entrare nelle motivazioni del diniego (compatibilmente con l'età del piccolo) ma soprattutto dovrà fargli sentire che lui c'è e non lo lascia solo nei momenti di difficoltà.
Allo stesso modo, per l'adulto con attaccamento insicuro, l'operatore, quantunque fermo nei suoi dinieghi, deve peró essere una presenza e un sostegno emotivo.
  • Incoraggiare l'esplorazione del mondo interno del soggetto attraverso il racconto di episodi che gettino luce sul suo rapporto con le persone di riferimento nell'infanzia
 Spesso ricordare è doloroso, soprattutto se si cerca di promuovere la riattivazione di quei ricordi che erano stati accantonati perchè inaccettabili. Nessuno si apre di fronte a una persona che non mostra sufficiente comprensione e sensibilità. L'operatore promuove l'esplorazione dei ricordi più penosi e quindi più significativi ai fini della comprensione del dolore del soggetto innanzi tutto attraverso un modo di essere (vedi punti precedenti) e in secodno luogo attraverso il filo guida che viene dalla conoscenza approfondita dei meccanismi e delle situazioni che si possono vivere in età infantile.
 

Tener conto dei filtri   

È la capacità di saper leggere dietro i racconti del soggetto i possibili effetti del filtro da lui operati inconsapevolmente; da qui l'attenzione ad invitare il soggetto alla lettura degli eventi e dei messaggi che provengono dall'esterno sotto diverse angolature e punti di vista.   
 
La filtrazione delle informazioni  è operata in base a degli schemi che il soggetto si è costituito in età infantile e che avevano lo scopo di non permettere alle informazioni dolorose di arrivare a un grado di consapevolezza troppo elevato.
Questo filtro è tanto più potente e limitante rispetto alle informazioni quanto più grande era la sofferenza e quanto più grosse erano le situazioni da escludere. Questa affermazione peró  parla solo della "quantità" di infomazioni filtrate ma esiste anche una "qualità" che fa riferimento al tipo di informazioni che vengono filtrate.  
 
Esiste infatti una esclusione/filtrazione di messaggi a contenuto concettuale, a contenuto emotivo o entrambi.   
Il risultato di un filtro operato solo sul contenuto emotivo è  per esempio quello del soggetto che riesce a percepire e comprendere correttamente i messaggi di tipo concettuale ("la persona significativa mi ama") per cui può affermare con convinzione di sapersi amato, compreso, accudito ma a questa consapevolezza manca un corrispondente benessere emotivo ("mi sento amato e quindi felice di esserlo"). Come se ci fosse una comprensione solo intellettuale che non incide sul piano emotivo.  
Ci sono diverse esperienze relazionali con la figura di accudimento che possono creare questo tipo di reazione nel figlio.  
Per esempio può accadere quando alle parole della madre che affermava di voler bene al figlio non corrispondeva un legame affettivo ed emotivo soddisfacente o comunque sufficiente per colmare i suoi bisogni di accudimento e di comprensione. Per cui l'informazione concettuale "mamma ti vuole bene" passava mentre l'informazione "mamma non si accorge che mi sento triste, arrabbiato, che ho bisogno di lei" veniva censurata, quest'ultima informazione  utilizzava  canali di comunicazione diversi che richiedono un'elaborazione avanzata.
Ecco un esempio di informazioni e di come vengono elaborate: sto piangendo e mamma non viene a consolarmi,  ho bisogno di essere calmato perchè mi sento arrabbiato e agitato e mamma non se ne accorge, ho bisogno di parlare delle mie sofferenze e mamma non è qui oppure non mi ascolta oppure non mi capisce. A queste informazioni dovrebbe seguire un'elaborazione e una convinzione: mamma non è sensibile e/o responsiva. Il bambino piccolo peró non è disposto a d accettare una simile realtà perchè fonte di sofferenza quindi l'elaborazione di cui sopra non avviene o semplicemente non arriva a un grado sufficiente di consapevolezza.
Purtroppo il soggetto che ha operato un'esclusione selettiva delle informazioni provenienti dal mondo emotivo al fine di non permettere l'ingresso di messaggi negativi non riesce poi nemmeno a godere del benessere che potrebbero dargli i messaggi positivi.  
Il lavoro in questo caso è quindi quello di riportare l'attenzione del soggetto sul proprio modo emotivo e sulle informazioni provenienti dall'esterno e ad esso afferenti.
Dove per modo emotivo non si intende solo il sentimento che si prova ma anche e soprattutto come percepisco e interpreto l'altro e me stesso attraverso e al di là delle parole e delle azioni.